Avvocati 4.0, ecco cosa vi aspetta al rientro dalle vacanze
Fonte: Claudia Morelli - Altalex
Nelle immediate prospettive di lavoro che riguardano la Giustizia digitale vi è senz’altro il tema Privacy, che impatta sia sul lavoro dei tribunali e uffici giudiziari, sia gli avvocati.
Vi avevamo lasciato con il veloce e prezioso Vademecum per l’adeguamento al Regolamento Data Protection - GDPR (che ricordiamo è in vigore e deve essere attuato!)…e vi ritroviamo con l’avvenuta pubblicazione, pochissimi giorni fa, del decreto delegato 101/2018, di adeguamento del “vecchio” Codice Privacy (decreto delegato 193/2013) al regolamento comunitario n. 679/2016.
La normativa entrerà in vigore il 19 settembre prossimo.
Il tema è complesso, come hanno avuto modo di evidenziare a caldo autorevolissimi commentatori (Decreto Gdpr, le urgenze dopo l’uscita in Gazzetta Ufficiale), anche per lo stratificarsi di livelli normativi diversi e di competenze e ruoli tra le Autorità.
Ci vorrebbe un testo normativo coordinato, ma le difficoltà a redigerlo – ove il Garante privacy volesse provare – sarebbero tante.
Non ci auguriamo che il Garante resti in panne, anche se al momento in cui scrivevamo questo articolo, il sito era impossibile da raggiungere!
Nel mentre ci si prepara a capirci qualcosa, ci preme sottolineare due aspetti:
1) che gli adempimenti previsti dal GDPR anche per gli studi legali, vanno comunque compiuti (vedi tabella che riproponiamo);
2) che regole e Codici deontologici e le Autorizzazioni generali che riguardano l’esercizio della professione forense continueranno ad avere efficacia finché il Garante Privacy non adotterà provvedimenti sostituitivi o, quando è possibile, anche confermativi o adeguativi delle precedenti autorizzazioni generali.
Così sarà per l’allegato A.6, per esempio, relativo al Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria (Deliberazione n. 60 del 6 novembre 2008, in G.U. 24 novembre 2008, n. 275).
Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto privacy, il Garante per la protezione dei dati personali dovrà verifica la conformità al Regolamento (UE) 2016/679 delle sue disposizioni. Quelle ritenute compatibili, ridenominate regole deontologiche, sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, con decreto del Ministro della giustizia, sono successivamente riportate nell'allegato A del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003. Il Garante per la protezione dei dati personali promuoverà la revisione delle disposizioni dei codici secondo la procedura indicata al decreto legislativo n. 196 del 2003.
Ugualmente per le Autorizzazioni generali già adottate per il trattamento di dati sensibili nell’attività forense.
Tribunali e Uffici Giudiziari/adeguamento GDPR e trasformazione digitale. Esattamente come gli studi legali, anche gli uffici giudiziari devono lavorare per l’adeguamento alle normative europea e italiana ed è in corso un’ampia opera di verifica e ricognizione. D’altra parte, il Ministero della Giustizia si sta chiedendo come passare dal processo telematico alla trasformazione digitale che in ambito giudiziario è molto delicata poiché coinvolge non solo il trattamento di dati sensibili, attività e strumenti di indagine, ma anche la cyber security, la conservazione dei documenti firmati digitalmente e tutto – ovviamente- dovrebbe essere all’insegna di una maggiore efficienza. Il fatto poi che alla DGSIA sia nominata Alessandra Cataldi, che finora si era occupata del settore penale, lascia prevedere una accelerazione sul processo penale telematico, con la realizzazione di un sistema di cognizione penale per la consultazione e la immissione di documenti e prove nel sistema digitale penale. Attualmente il sistema penale è informatizzato per la parte relativa al Registro unico nazionale.
Il fronte legislativo: Intercettazioni e videoconferenze. Sotto il profilo legislativo, il tema all’ordine del giorno parlamentare, che in qualche modo coinvolge il settore digitale, riguarda la legge Orlando (n. 103/2017). Il decreto legge mille proroghe (n. 91/2018) – attualmente all’esame della Camera dei deputati dopo l’approvazione del Senato - collega la proroga delle nuove disciplina delle videoconferenze e, soprattutto, delle intercettazioni alla realizzazione di nuove e complesse misure organizzative. Per le intercettazioni si tratta di predisporre apparati elettronici e digitali presso strutture ed uffici. Risultano, infatti, ancora in corso i collaudi dei sistemi presso le procure nonché l’individuazione e l’adeguamento delle cd. sale di ascolto. Per questo motivo, il dl proroga dal 26 luglio al 1° aprile 2019 la data di efficacia delle disposizioni di maggiore impatto (le tutele per i difensori, l’archivio riservato, la cernita delle intercettazioni rilevanti).
Sono in vigore dal 26 gennaio, invece, sia la norma che punisce le registrazioni fraudolente e la diffusione del loro contenuto sia la norma che semplifica i presupposti per disporre le intercettazioni nelle indagini per reati contro la pa che coinvolgono pubblici ufficiali.
Quanto alle video conferenze, le nuove disposizioni che ne allargano il ricorso sono sospese fin al 15 febbraio 2019, per permettere una “revisione organizzativa e informatica di tutta la precedente architettura giudiziaria, con necessità di aumento dei livelli di sicurezza informatica". Il differimento in esame si rende quindi necessario proprio al fine di "garantire che l'adeguamento degli accresciuti fabbisogni possa essere efficacemente gestito, soprattutto dal punto di vista dei livelli di sicurezza informatica, nonché adeguato alle esigenze di calendarizzazione dei processi, consentendo, a tal fine una più proficua interlocuzione con gli uffici giudiziari interessati". Il Ministero della giustizia ha, infatti, programmato un passaggio tecnico e organizzativo (cd. switch off) molto concentrato nei tempi e in periodo estivo.
Processo telematici. Man mano che i processi telematici si sviluppano nelle diverse giurisdizioni, si pongono problemi di uniformità. Il tema non è solo quello delle diverse piattaforme e della mancata possibilità di dialogo tra le stesse. Ma anche delle firme digitali ammesse in ciascun processo: una diversa dall’altra, come gli avvocati ben sanno e conferma Maurizio Reale. Se nel processo civile sono ammesse entrambe le firme Cades e Pades,nel processo tributario vale solo quella Cades, in quello amministrativo è prevista in via esclusiva quella Pades.
Al netto dello scioglilingua e fintanto che le specializzazioni non imporranno ai legali di focalizzarsi su una sola area professionale, sarà necessario averle tutte.
Anche la conservazione dei documenti formati digitalmente è un grande problema, ricorda Reale. Ma su questo aspetto specifico torneremo prossimamente.
Processo amministrativo telematico. Dal primo gennaio 2018 il deposito telematico degli atti riguarda tutti i processi, vecchi e nuovi. Tutto sembra procedere senza criticità, ci dice il consigliere Fabrizio D’Alessandri, impegnato nel servizio informatico della giustizia amministrativa.
Il tema della copia di cortesia del ricorso e degli scritti difensivi (dovuta per gli avvocati amministrativisti ancora per tutto l’anno 2018 (art. 1, comma 1150 della Legge di bilancio 2018), è oggetto di prassi differenti sede per sede. Tant’è.
Il tema del domicilio digitale, poi, è stato oggetto di un parere dell’ufficio studi della Giustizia amministrativa nella primavera scorsa, nel quale – in estrema sintesi- viene suggerita la elezione accanto al domicilio digitale di quello fisico (in via residuale), essendo venuta meno la domiciliazione ex lege in cancelleria. E lì siamo fermi.
Avvocati, fate attenzione alla delega a terzi dell’attività di deposito telematico. Ovviamente, l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti introduttivi dal primo gennaio 2019 ha fatto schizzare in alto i dati del Pat, come si vede nella tabella pubblicata qui sotto.
Nel contempo, il confronto marzo 2017- marzo 2018, se da una parte conferma che l’errore più diffuso continua ad essere la mancata allegazione alla Pec del modulo di deposito (28%), l’obbligatorietà diffusa ha promosso un errore procedurale che è spia una “delega” delle incombenze telematiche da parte dell’avvocato a soggetti terzi estranei alla giurisdizione. Infatti passa al 20% l’invio da parte di mittenti che non fanno parte del collegio difensivo ed al 6% l’invio da caselle Pec che non esistono nei pubblici registri (ReGIndE).
Processo tributario telematico. Ha compiuto un anno. E’ infatti attivo sul tutto il territorio nazionale dal 15 luglio 2017 per le fasi della notifica, del deposito del ricorso e dei documenti ma sempre su base facoltativa e non obbligatoria.
Nel corso del 2017, segnala la relazione sul contenzioso tributario del Ministero dell’Economia pubblicata a luglio scorso, che sono stati effettuati 187.903 depositi telematici nelle Commissioni tributarie centrali (7.543 ricorsi, pari al 7,0% del totale, e 180.360 controdeduzioni ed altri atti, pari al 25,1% del totale) e 53.151 depositi telematici nelle CTR (4.718 appelli, pari al 9,9% del totale e 48.433 controdeduzioni ed altri atti, pari al 15,4% del totale).
E anche se nel PTT sono già emerse criticità (sulle notifiche, l’attestazione di conformità, la firma digitale di tutti gli atti, la redazione della procura alle liti), la non obbligatorietà rende l’approccio meno duro.
Organizzazione e digital transformation per gli studi legali. Affrontato il tema della Giustizia digitale, passiamo a quello della digital transformation nella professione legale. Secondo l’occhio attento di Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione digitale del Politecnico di Milano, non ci sarà alcuna “rivoluzione” massiva da qui a fine anno. L’analisi dei dati e l’esperienza ci dicono che ancora i professionisti italiani pensano che la digitalizzazione del proprio studio passa dalla scelta del software migliore; ma non hanno compreso che quella è una attività “a valle” rispetto alla pianificazione di un progetto di sviluppo e delle relative strategie organizzative e di comunicazione (a proposito, avete già il sito web e un piano editoriale?).
E’ anche per questo che il mondo professionale, soprattutto quello legale, pare subire la concorrenza di start up legal tech. Come è emerso dal rapporto di marzo 2018 dell’Osservatorio, il 35% delle startup, selezionate a livello nazionale e internazionale, dichiara di voler disintermediare l’attività del Professionista, mentre il restante 65% propone soluzioni e servizi a supporto degli studi. A livello complessivo il 49% delle soluzioni coinvolge l’area dei servizi (consulenza legale, proprietà intellettuale, compliance normativa, contabilità e selezione del personale), il 35% impatta sui processi lavorativi (gestione documentale, contrattualistica, workflow, sicurezza) e il 16% fornisce canali alternativi di diffusione (marketplace e social).
Tecnologie digitale e Giustizia. Predittività, Intelligenza artificiale e blockchain. I lettori di Avv 4.0 ben sanno quanto questi temi ci appassionano. E non è una questione di “stimoli culturali” quanto di previsione sull’impatto – che personalmente do ormai per scontato- che questi trend tecnologici avranno nel sistema dei diritti. Mentre grandi player internazionali o start up molto agguerrite già stanno realizzando piattaforme e app che permettono l’applicazione di queste tecnologie al mondo giudiziario e forense, l’apparato istituzionale italiana manda segnali molto timidi ancora. E’ comunque positivo che la tavola rotonda conclusiva del Congresso forense che si terrà a Catania dal 4 al 6 ottobre sia dedicato all’”avvento della predittività e all’impatto che essa avrà sul ruolo della giurisdizione nella definizione dei conflitti. Inoltre, proprio a Catania qualche giorno prima (il 3 ottobre), la Camera Amministrativa organizza il convegno “Ex machina: l'intelligenza artificiale tra azione amministrativa e giustizia 4.0”, proprio per sollecitare una riflessione promossa dagli avvocati sulla relazione tra AI e diritti.
Riguardo alla blockchain intanto possiamo segnalare una grande apertura di credito di Davide Casaleggio che in una intervista ad Agi di qualche mese fa ha sottolineato “è un fatto che la blockchain non è qualcosa che riguarda il futuro prossimo, ma è già attuale, già servirebbe alle imprese italiane nella gestione dei contratti e delle relazioni tra imprese in maniera trasparente. Pensi a quanto ne potrebbero giovare le piccole e medie imprese, di cui il tessuto produttivo italiano è pieno".
Poi non diteci, cari Avvocati, che Avv 4.0 non vi ha messo in guardia...